Nero e Bianco

È interessante la scelta di mettere come foto rappresentativa della mostra “Ex Africa” quella di Man Ray Noire et Blanche del 1926. Il titolo dell’immagine già parla chiaro: non si può parlare di cose nere, senza le cose bianche, nemmeno quando il soggetto è l’Africa; non c’è nero senza bianco, come fa il biscotto Ringo. La maschera misterica è accompagnata dal viso ariano di una donna con un volto Anni Venti che si relaziona -per forza di cose- con l’oggetto scuro. Interessa poco, come e perché Man Ray abbia messo la fidanzata (Kiki) sognante vicino al manufatto, il punto è la scelta di un’immagine del genere a rappresentare una mostra che mira -o tenta – un diverso sguardo sull’arte del continente nero. Una mostra sull’arte dell’Africa ha un biglietto da visita con l’arte bianca, a mo’ di angelo custode, come una firma del genitore, un pass autorizzato, come un’autentica. L’opera nera non può andare sola, deve essere certificata da una viso di donna (una super donna) che si relaziona e contrappone due mondi, due culture, due tempi. Si mantiene così un punto di vista viziato, del resto non è questo un paese che ce l’ha avuta sempre coi negri (con l’eccezione di quando cantano e fanno gol) e con le loro facce? La foto fu pubblicata su Vogue nel 1926 col titolo Viso di madreperla e maschera di ebano (chissà come sarà arrivato il manufatto in Europa, dove iniziava a essere à la page collezionare l’arte africana) e rappresenta magnificamente l’eleganza, l’unica misura (del salotto) dell’Occidente per comprendere l’Africa. Se è stata scelta per attrarre pubblico (cosa c’è di più glamour della foto di copertina di Vogue France degli Anni Venti?) in un’esposizione pensata per vedere con sguardi differenti un mondo da sempre incompreso e frainteso, allora si è nel grossolano, se invece è venuta spontanea allora sembrerebbe un tipico lapsus freudiano.