La cosa più interessante del Diurno sono le sue insegne e le sue scritte più recenti, sparse qua e là: un adesivo su un vetro, qualche plasticone di agenzie di viaggi, le Ferrovie dello Stato, prodotti di bellezza e Coca Cola, oltre al caffè Hag. Sono tracce forse poco nobili rispetto al progetto originale degli anni Venti, ma il contrasto è forte, sono segni di vita vissuta veloce e moderna verso il nuovo, il tempo libero e la società dei consumi. È il benessere che amiamo e che pialla tutto. Del resto gli italiani più di altri hanno avuto sempre gusti pop e trash, ma si sono sempre vergognati a dirlo; si sono solo preoccupati di dimostrare che Giotto o la Cappella Sistina fosse un buon motivo per vivere. La mia famiglia si è spaccata e poi dissolta sulla faccenda del bello e del Buon Gusto, uno dei vanti del Belpaese; in realtà i motivi erano altri, sostanzialmente di potere, i conflitti classici psicanal-familiar-borghesi che si travestivano con ideali e faccende politico-artistico-spirituali. Sono cresciuto fra gli slogan della pubblicità, sempre liquidati con sufficienza, scontri generazionali e autoritarismi novecenteschi, il tutto condito da musei, pinacoteche, neon ministeriali, tribunali e vari uffici per documenti. La mia famiglia ha speso un’esistenza per compilare e consegnare documenti. Per via di una specie di introiezione delle cose di casa, la vera casa borghese manifesta il suo essere in ogni oggetto e stanza, ho sempre avuto come riferimento i mobili, armadi, comò, tavoli, ribaltine, oltre ai pavimenti e pianciti, che danno con la loro presenza un senso di autorevolezza e andamento, custodi di un immaginario che narra incessantemente. L’arredo era così intenso che diventava testimone delle vicende familiari. Mobili che contengono una sorta di principio della conoscenza, fatti di incastri e lavorazioni commoventi. Sono così tante le immagini sospese di questi arredi – la stanza dei mie nonni non è la stanza dei nonni, ma una storia complessa, direi profetica, dove alto antiquariato, valore dei soldi, Spirito Santo e cultura del cibo, insieme ad un pantheon di divinità, costituivano, dal servizio in argento alla messa domenicale, l’ordine – che formano una specie di grande collage in movimento, fra il caleidoscopio e la sciarada. Mio padre, che si sentiva artista, frequentava luoghi come il Diurno perché erano moderni, come per prendere un caffè Hag, un Hagghe avrebbe detto.
Mio padre amava il cinema, il cine, il bar e il treno, era ferroviere e viaggiava gratis in tutta Italia in prima classe sui Rapidi, quelle che hanno fatto un pezzo di storia d’Italia, sulle poltrone di tipo velluto verde marcio con aria condizionata, con le porte scorrevoli di vetro, tutte trasparenti, perché il nuovo e il moderno dovevano essere trasparenti.
Le insegne, le reclame, le scritte pubbliche e gli slogan sono l’apice della cultura moderna che divora tutto, ma solo dopo averci fatto vedere intensi bagliori di luce e di cristallina bellezza e libertà.