L’ideatore del restauro del Lampione dice in pratica che il progetto di Alberto Garutti – utilizzando un’opera d’arte storica – diventerebbe una sorta di luminaria. Oltre al giudizio sbrigativo e privo di un’argomentazione adeguata il suo commento si inserisce nell’abitudine molto bolognese (anch’essa parte del genusbononiae?) di giudicare bello tutto ciò che è del passato e brutto tutto ciò che è nuovo. Mentre a Roma la parte di progresso difendeva Richard Meier per il progetto dell’Ara Pacis dagli attacchi di Vittorio Sgarbi e di Gianni Alemanno qui Sergio Cofferati e parte della sinistra chiamavano il nuovo progetto dell’arch. Mario Cucinella per l’Urban Center, Gocce di Guazzaloca o Piazza Barattoli.
E io invece che volevo sottolineare il fatto che l’arte oggi è spesso protesa ad una semplice utilità pubblica, si deve sempre integrare e deve sempre dialogare!
Avrei voluto dire che l’opera di Garutti appartiene ad un’idea di arte, l’arte pubblica – oggi dominante – che ha come unico scopo quello di parlare dei cittadini e ai cittadini, scopo, credo, un po’ stretto all’arte.
Come dice infatti il giornalista Mario Bovina nel suo articolo di presentazione il flash luminoso sarà un segnale di uguaglianza e di vita.
Se pensiamo all’imprendibile Lampada Annuale (1966) di Alighiero Boetti che si accendeva automaticamente – e non si sapeva quando – una volta all’anno, forse possiamo dire che stiamo invecchiando insieme al nostro Paese e quando s’invecchia si vogliono i nipotini. Il comandamento che l’arte debba essere comprensibile a tutti alla fine è osservato. C’è bisogno di luce e di vita, l’opera accende la speranza! Il Comune e la Curia, i grandi e i piccini sono contenti. L’arte è così vicina ai problemi della società, ha un fine e soprattutto serve a qualcosa e riempie pure le guide turistiche.
Ma nell’aria c’è ancora il discorso di Romano Prodi e quando si parla di conservatorismo viene in mente anche la difficoltà di progettare arte e architettura in una città e in un Paese dove il passato è il solo riferimento e la sola Legge.
Nonostante tutto sento di difendere il progetto – che sarebbe nella strada, a un incrocio, nel cuore della città – dal sig. Giordano che vorrebbe collocare la nuova opera nel Palazzo Comunale. E io che ho sempre pensato che l’arte debba uscire dai musei.
* Testo originariamente scritto per il quotidiano La Repubblica (ed. Bologna), non pubblicato