L’arte contemporanea è un mondo sospeso con le sue leggi e i suoi significati, è per sua natura elitaria e ahimé – anche se molti provano a dimostrare il contrario – per palati fini.
Bisogna leggere, studiare e soprattutto vedere, sapere vedere.
Come per il vino, se si è abituati a bere quelli artigianali, poi si può anche giudicare una bottiglia importante come mediocre.
Come nel calcio, in Italia siamo tutti intenditori d’arte e discendere da Giotto dà una certo slancio.
I disegni in città di Alice ricordano le illustrazioni e i fumetti, dimostrano certo una buona mano, ma hanno un significato che è letterale, semplice. La bella ragazza che mangia una mela è tale e non ci dice altro, se non per il fatto che sia su un muro per la strada e non su una tela (se fosse su quest’ultima sarebbe peggio).
Tutti sono capaci di fare l’opera di Bansky (o il famoso taglio di Lucio Fontana) ma il punto sta nel suo significato, che ci fa spesso sorridere, a volte in modo amaro, ma anche affannosamente percorrere con il bagaglio delle nostre immagini e pensieri, sentieri impervi. Magari a volte un po’ moralista, l’arte di Bansky ci tiene senza dubbio in scacco. Nei disegni di Alice non c’è nulla di tutto questo, non c’è nessuna tensione, nessun concetto, rimane una bellezza elementare, regolare, oramai esausta che da decenni non interessa più l’arte contemporanea. Per cui non è arte (contemporanea) ma solo un semplice disegno. Non è pericoloso criticare un’opera anche perché, altrimenti, si rischia di rimanere con un unico giudizio espresso finora, che è “l’oggettivamente bello” di un Pubblico Ministero.
In più affermare che l’artista abbia esposto ai Musei Capitolini o a un Istituto Italiano di Cultura asiatico o all’Ambasciata Americana non significa nulla. Il Museo romano non è famoso per esporre opere di arte contemporanea, il Sindaco Ignazio Marino è un politico brillante ma non ha nessuna autorevolezza in campo artistico e fare mostre agli Istituti Italiani nel mondo, purtroppo, non è assolutamente sinonimo di qualità.
Anche Nancy Brilli ha esposto le sue tele al Vittoriano (l’Altare della Patria!), anche Fernando Botero ha installato le sue opere agli Champs-Elysées ed è apparso in tv con Maurizio Costanzo, ma basterebbe guardare un suo Gatto (Codone?) in bronzo per capire l’ingenuità della sua arte.
Supportare poi il valore di un’artista citando collaborazioni con marchi come Nike e Gazzetta dello Sport (sic!) è infelice.
Come lo è firmare, come fanno i writers e i taggers, le opere sull’opera stessa.
Si potrebbe forse asserire che una delle differenza fra l’arte moderna e quella contemporanea sia la firma. In quest’ultima il segno autografo dell’autore non si vede.