La carcassa

Appena superato Calderino, verso Savigno o Tolè, una strada provinciale sui colli bolognesi che la città fa per andare a mangiare fuori porta o per fare dei giri in bici, sulla destra, vicino alla piccola zona industriale, poco prima dei calanchi che accompagneranno un lungo rettilinio, c’è da tempo una carcassa di un’auto nera di cui si scorge subito il fianco destro e la parte posteriore.

E’ una Golf Volkswagen modello GT nemmeno tanto vecchia, con le targhe, senza gomme e senza i quattro fanali. E’ adagiata in uno slargo di terra battuta, pieno di pozze e fango, un piccolo piazzale che dà un immediato senso di smarrimento, squallore e degrado. Sul lunotto c’è un adesivo di un grande scorpione rosso: la figura è stilizzata e rappresenta il simbolo della Abarth, scuderia sportiva di auto da sempre di casa Fiat e che non c’entra nulla con la Volkswagen.

L’immagine aggressiva e sportiva della Golf (ma non è lento e tranquillo il gioco del Golf?) osannata dalle genti del Gran Turismo ossessionate dalle prestazioni, di colore nero, il colore più ganzo, il massimo per suscitare ammirazione, si carica con lo scorpione rosso, tono che riprende i bordi gommati dei fianchi e delle fessure della chiusura delle due portiere, accessori personalizzati forse di elaborazioni successive.

La mancanza delle gomme, dei fanali e un finestrino posteriore sfondato, contrastano con la carrozzeria lucida senza ammaccature e i paraurti in buone condizioni. C’è molta differenza fra questa immagine nella Valle del Samoggia e quella della macchina abbandonata, un classico del Meridione italiano che comprende anche la regione del Lazio. Nel(la) Golf con scorpione risalta una certa compostezza, nonostante i buchi al posto dei fanali, comunque asportati con perizia senza scassi superflui e i mozzi a vista arruginiti senza gomme. E’ un contesto differente questo, che non spacca gli altri cinque vetri, che non asporta l’antenna, che lascia chiuse le portiere e non riga la vernice.

Sul cofano, vicino al vetro, c’è un pezzo di mattone, antitetico con la carrozzeria, ma è solo appoggiato, quasi in modo gentile. Insomma, nonostante il degrado, nella carcassa c’è una certa moderazione, una tinta di ordine, seppur lieve, che la differenzia dal classico rottame che si trova in qualche periferia del Sud, di solito depredato, scarnificato e completamente offeso. C’è un qualcosa, quindi, di gentile che però stride con una certa e difficile bellezza assoluta dell’abbandono. C’è qualcosa di finto, di non finito, di non autentico. C’è qualche traccia di dignità che non dovrebbe esserci.

Portate via questo falso esempio di desolazione.

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