I Totem

La lettera del signor Gianluigi Parmeggiani non coglie il senso ironico di quello che avevo inteso. Da più parti ci si è espressi per il ritorno delle sculture di Arnaldo Pomodoro in piazza Verdi. Anch’io sono d’accordo e proprio come il signor Parmeggiani le ricordo come integrate nella piazza (così integrate e vissute che erano coperte di scritte e manifesti). Pongo però, da artista, un problema: quelle tre sculture (si chiamano Cilindri o Colonne Pomodoro non è contento quando si chiamano Totem) non sono state progettate per quella piazza. Sono state messe lì, certo con criterio, lo stesso criterio che è stato usato per i container, cioè la scelta congiunta di artisti, architetti, urbanisti e tecnici che si pongono il problema, visto che è la loro professione, di dove collocarle. Credo che qualsiasi opera di arte moderna e contemporanea difficilmente si possa inserire in un contesto antico, pieno fra l’altro e a sua volta, di differenti elementi che solo il tempo ci ha convinto della loro bellezza. La penso proprio come i conservatori, l’arte moderna e contemporanea non c’entra nulla con le nostre piazze, solo che io credo che questo scarto, quello che fa gridare al cittadino medio e ai reazionari “non centra nulla col contesto!” sia un motivo di grande interesse che presenta immagini inedite su altre immagini. I tre Cilindri in bronzo con varie patine, non c’entrano nulla col contesto di piazza Verdi, sia perchè sono delle opere di arte contemporanea, sia perchè sono state fatte senza prendere in considerazione il contesto della piazza. Se tanti sono per il loro ritorno è solo perché le hanno viste lì da tempo (gli anni ’70 sono già Storia) e le percepiscono come parte del paesaggio perchè, volenti o nolenti, hanno partecipato alla Storia della città.

Il monumento al container

C’è un architetto che ha progettato per Piazza Verdi un luogo temporaneo con una delle più versatili e familiari strutture della nostra epoca: il container. Le feroci critiche (non centra nulla col contesto!) fanno parte di un punto di vista che vuole che il contesto rimanga sempre tale. Si considerano però il Crescentone (il suo audace decoro-disegno, ammesso che qualcuno l’abbia mai notato, non c’entra nulla) e le sculture di Arnaldo Pomodoro invece parte del contesto solo perchè le hanno viste per un po’, le hanno digerite. Non so se il giovane architetto, sebbene voglia dare scandalo, ne sia consapevole, ma chi progetta, visto che è il suo mestiere, vuole dare una visione e un significato. E allora se un architetto mette, per qualche mese, una torre di ferro di un colore approvato dai controllori del contesto, nella città delle torri, e si grida allo scandalo, allora bisogna iniziare a chiedersi delle cose. Una storiella, non proprio da buttare e da raccontare ai nipotini, potrebbe essere che questi benedetti containers che stanno negli interporti e nelle periferie (che sono brutte, mentre invece le piazze del centro sono belle) sono proprio il simbolo della globalizzazione e sono quelli che ci portano, come Babbo Natale, tutta la nostra cara merce che ogni giorno desideriamo che ci arrivi al pianerottolo di casa. E’ l’altra faccia della medaglia, insieme, ad esempio, alla condizione di quelli che ci lavorano o al contesto di enormi capannoni fatti per contenere tutti i desideri che arrivano col corriere. Se per una volta, per qualche mese, le cose che stanno nei posti brutti, vengono (riverniciate) nei posti belli, non sembrerebbe un gran scandalo, a meno che non si voglia mettere sempre la polvere sotto il tappeto. O sotto il Crescentone.